Pigrizia tecnologia e savana - Ghepardi da Salotto

Pigrizia, tecnologia e savana

Guardati intorno e fai caso alle tue abitudini, a quelle dei tuoi familiari e dei tuoi amici: ogni giorno che passa diventiamo più pigri e ogni innovazione tecnologica aumenta la nostra pigrizia. Tu, che sei nato prima del 1940, pensa a quanti passi facevi in più quando non avevi l’auto ed il telefono e quando il telefonino ed il telecomando non esistevano ancora.

Tu, che sei nato invece tra il 1950 e il 1960, quante ore passavi ogni giorno a giocare per strada o nei prati con gli amici? Spesso erano prati irregolari, in pendenza, con pietre e buche, senza allenatori e istruttori. Per te quei prati erano come per i cuccioli di leone la savana, dove imparano a muoversi, cacciare e sopravvivere giocando per ore.

Per loro il gioco è movimento.

Quante ore tuo figlio sta seduto davanti al computer o con un gioco elettronico o a messaggiare con il telefonino? Se è tra i fortunati, avrà poi la possibilità di allenarsi 2 o 3 volte per settimana in un disciplina sportiva.

Ma nulla sostituirà le ore giornaliere di gioco libero e attività motoria spontanea e autogestita che tu hai avuto la possibilità di praticare. È indubbio che la qualità e la quantità dei movimenti richiesti dalla situazione ambientale si sono ridotte. È necessario quindi trovare nuove opportunità di movimento nella vita di tuttii giorni, in grado di mantenere la “macchina umana” efficiente ed evitare che vada in regressione per il “non uso”. Ancora più indispensabili saranno le esperienze motorie per completare lo sviluppo di un adolescente. Pensiamo al cucciolo di leone: se invece di vivere libero nella savana, lo tenessimo in una gabbia per 2 anni e poi lo liberassimo, non potrebbe sopravvivere. I ragazzi non devono affrontare i rischi ambientali di un cucciolo di leone, ma pagheranno anch’essi un prezzo alto se non completano uno sviluppo motorio adeguato. Molte patologie compariranno precocemente.

Più vita o più qualità?

Il problema degli occidentali non è quello di allungare ulteriormente la sopravvivenza, aumentando al contempo la percentuale di “non autosufficienti”, ma di assicurare una vita qualitativamente accettabile.

Con quali strategie? Favorendo la migliore espressione del potenziale motorio che ognuno possiede, ma che rimane solitamente inespresso. L’espressione di tale potenziale dovrebbe essere preoccupazione del singolo, dei familiari e della comunità, perché i risultati migliori si ottengono con “un’azione continua” di mantenimento e di riprogrammazione della macchina umana nel corso dell’inevitabile invecchiamento. Quando la situazione è troppo compromessa, diventa difficile recuperare parte di quel potenziale che è comunque ancora presente. Tenere a lungo ferma un’auto in garage è il modo per far sì che sia difficile farla ripartire.

Iperprotezione

Il minor numero di figli presenti nelle nostre famiglie tende (probabilmente) ad essere uno dei motivi per cui su di loro si concentra un eccesso di attenzioni e ansie da parte dei genitori. Se gran parte di queste preoccupazioni è giustificata dai pericoli reali che ci circondano, dall’altra vi sono però alcuni atteggiamenti iperprotettivi, che sono la proiezione della inadeguatezza motoria dell’adulto. Un genitore che si sente insicuro nel correre in discesa lungo un pendio, tenderà a proiettare sul figlio i suoi bassi livelli di efficienza motoria e a dissuaderlo dallo sperimentare quella situazione motoria. La qualità e sicurezza di movimento che avrà da adulto dipende proprio dalla varietà di queste esperienze fatte in età sensibili e prima dell’inizio della pubertà. Sforziamoci quindi di evitare alcune classiche frasi che rivolgiamo loro.

Non sudare: dobbiamo essere contenti quando tornano sudati. Non dobbiamo essere preoccupati che fatichino troppo, perché quando sono stanchi smettono da soli: è un meccanismo di protezione che scatta automaticamente. Diversa è la situazione se  chi guida il gruppo è un adulto: ma anche in questo caso la preoccupazione deve essere minima, perché di solito l’attività di allenamento organizzata ha una durata inferiore a quella che sarebbe in libera attività di gioco. Stai attento a non cadere: dobbiamo prestare attenzione alla macrosicurezza dei nostri figli, accettando che possano farsi qualche livido, abrasione o ferita: non esiste maturazione motoria senza prove ed errori, fallimenti e successi. Cerchiamo di valutare il rischio in base alle loro (e non alle nostre) capacità motorie e all’entità del possibile danno fisico.

Il coraggio di cambiare

Fino a quando non ci sarà la domanda da parte di genitori e studenti, difficilmente le scuole si ingegneranno per diventare competitive nel fornire un nuovo servizio. Ma qualche direttore didattico lungimirante potrebbe anticipare i tempi e cominciare a proporre la sua scuola anche per la qualità e le opportunità nel campo del movimento e dello sport. Occorre creare entusiasmo. Muoversi e fare sport deve essere un piacere.

Ridurre i costi sanitari

Esiste attualmente una sproporzione tra i costi che si creano per allungare la durata di vita e gli investimenti per migliorarne la qualità. Manca un processo educativo per favorire un equilibrio della spesa che consenta nello stesso tempo di contenerla e di migliorare la qualità di vita.

Quest’ultimo bisogno attualmente è forte, ma praticamente solo allo stato inconscio, in quanto non ancora percepito come possibile da soddisfare. Manca una visione strategica del progetto e molti di questi falliscono perché rappresentano delle punture di spillo sull’enorme corpo del problema!  

Intervista a Dario Riva su ‘Ghepardi da salotto’ edito da Ananke (seconda edizione nel 2009)

FAME DI SEGNALI!
il nostro corpo ha fame di segnali. Segnali che nascono da milioni di sensori, sensibili a stimoli meccanici, distribuiti in tutto il corpo. La stimolazione del sensore dà origine ad un segnale elettrico che viene inviato presso i centri nervosi. 
Il significato del messaggio è contenuto nella frequenza, il codice si basa sulla modulazione di frequenza. 

I milioni di sensori legati al movimento ed al mantenimento di postura ed equilibrio sono la sorgente di miliardi di segnali e le fibre nervose sono i canali con cui ad ogni istante vengono trasmessi ai centri nervosi. 
Un grande flusso di questi segnali è indispensabile sia per mantenere un buon livello di capacità motorie sia per consentire la manutenzione dei muscoli, dei tendini e delle ossa. Se il flusso si impoverisce o si arresta i nostri muscoli si atrofizzano e le ossa si sbriciolano. 

 
Ecco i principali flussi sensoriali che originano nel nostro corpo: 

esterocettivi
propriocettivi 
vestibolari 
visivi 
uditivi 
palatali 
Olfattivi

 
il primo obiettivo dei centri nervosi è quello di mantenere elevato il livello del flusso. 
 
Se si riducono i segnali (propriocettivi, vestibolari e visivi) legati al movimento, spesso viene favorito l'aumento di quelli provenienti da altri canali sensoriali. Sembra quasi che il sistema metta in atto una sorta di compensazione per mantenere elevato il livello globale del flusso. Tale situazione oltre a causare la regressione motoria, può destabilizzare altri equilibri delicati, come ad esempio il rapporto con il cibo. L'individuo sembra tendere cioè ad aumentare la quota di segnali palatali e olfattivi, assumendo maggiori quantità di cibo e privilegiando alimenti ad alto impatto sensoriale." 

Da Ghepardi da Saltotto di Dario Riva

 

Nel video di Davide Giovannini, Fisioterapista e Osteopata di Roma, si parla del nostro sesto senso

 

LINK RIVA METHOD 

Il Metodo Riva, come dimostrato scientificamente, permette di ottenere la più alta efficacia mai raggiunta prima in studi pubblicati a livello internazionale, riducendo le distorsioni di caviglia dell’81%.

Il Metodo Riva si basa sull’High-frequency Proprioceptive Training, un metodo di allenamento e riabilitazione che consente di ottenere un aumento del controllo propriocettivo e, di conseguenza:

  1. Incremento della stabilità monopodalica basata sui riflessi propriocettivi
  2. Aumento della forza frenante anti-distorsiva dei muscoli stabilizzatori
  3. Riequilibrio dell’assetto del piede nella fase aerea che precede il contatto con il suolo
  4. Accrescimento dell’endurance del controllo propriocettivo (mantenimento della stabilità anche in condizioni di fatica)
  5. Incremento della resilienza (cioè della resistenza strutturale) e dell’elasticità dei legamenti e della capsula articolare alle forze di trazione applicate durante l’evento distorsivo